
A colloquio con il filosofo Paolo Ercolani
La presenza alla Versiliana riveste un significato dirompente, contrario rispetto all’immagine di una certa Massoneria che si nasconde, ragiona e spesso trama nel chiuso di stanze riservate a pochi. Purtroppo – commenta il filosofo Paolo Ercolani nell’intervista – questa è l’immagine ancora oggi dominante presso l’opinione pubblica. Sono convinto che l’intervento della Gran Loggia in un evento culturale molto seguito – per giunta nella persona del proprio Gran Maestro – rappresenta un’inversione di tendenza opportuna. Perché dice a tutti che non solo la Massoneria non ha motivi per nascondersi, ma desidera intervenire nel dibattito pubblico per aiutare a risolvere i tanti problemi di un’epoca complessa come quella in cui ci troviamo a vivere». Prof. Ercolani nella proposta di un nuovo umanesimo e nella costruzione di società costruita su principi e valori democratici, la Libera Muratoria che ruolo può assumere? È inutile girarci intorno: la crisi dell’umano di fronte alla quale ci troviamo è anzitutto una crisi della cultura umanistica. Il pensiero autonomo e critico sta evaporando, sostituito da una massa sempre più informe di individui che si fanno i selfie, si informano, conoscono, si relazionano agli altri e infine agiscono sulla base di quanto gli viene suggerito da algoritmi sapientemente programmati in vista del profitto economico. In questo contesto, l’essere umano non ha più valore in quanto tale ma soltanto nella misura in cui produce entrate e contribuisce al progresso tecnologico. Questa degradazione del Logos porta con sé anche quella del Pathos (con persone sempre più ansiose, sole e depresse, come ci dicono gli studi specialmente concentrati sui giovani) e del Demos (con la democrazia sempre più sostituita da oligarchie finanziarie). A fronte di tutto ciò mi sembra emergere in maniera chiara il ruolo di un’istituzione che tradizionalmente ha saputo tutelare, promuovere e valorizzare la cultura umanistica. Avere individui migliori è l’unico modo per vivere in una società a sua volta migliore. Le due cose si costruiscono, con spirito di Libera Muratoria. Per parlare di neo-umanesimo, bisognerebbe preliminarmente capirne il senso. «L’umano è in crisi», lei scrive. Questa “mutazione antropologica” dove ci condurrà? Per ora ci ha condotto a un’opinione pubblica mediamente meno intelligente, meno informata e meno incline al dialogo (sostituito dalla rissa in Rete). La tecnologia non è neutrale, come ci ha insegnato il pioniere degli studi sui mass media (Marshall McLuhan), e noi dovremmo sapere che essa produce delle trasformazioni importanti in chi la usa. Il sogno di chi comanda è sempre stato quello di avere a che fare con dei sudditi invece che con dei cittadini, con individui ignoranti, poco critici ed entusiasticamente inclini all’intrattenimento («la società di massa non vuole cultura, ma svago», scriveva Hannah Arendt). Ecco, oggi i padroni della macchina politica e sociale sono in buona parte coloro che controllano il teatrino mediatico. Basta fare uno più uno e il risultato dovrebbe risultare chiaro.
La rivoluzione tecnologica e il fattore umano
Tendiamo ad attribuire molte responsabilità alle derive generate da una rivoluzione tecnologica che non riusciamo a governare. Tutti i mali vengono proprio da lì? A monte c’è l’indole umana che non si accontenta mai, che vuole sempre più dominare la natura circostante, sempre più possedere, sempre più soddisfare il proprio istinto di potenza. È sempre stato così, ma oggi è tutto peggiorato dal fatto che a governare il mondo sono l’economia e la tecnica. La prima è quella mossa dall’ideale ottuso della possibilità di un profitto infinito all’interno di un mondo finito. La seconda è quella che – attraverso i transumanisti – coltiva l’idea ancora più folle di dare vita a una superumanità di cyborg superintelligenti e immortali. Non credo ci sia bisogno di ricordarlo, ma ogni volta che si è coltivata l’utopia dell’homo deus, sono seguiti disastri, morti, guerre. Il male, insomma, non è la tecnologia in sé, ma l’umanità che rinuncia al proprio Logos per delegare sempre più alle macchine la gestione della propria esistenza. La politica e la cultura, sono dimensioni dell’essere fondamentali, come ci hanno insegnato i grandi pensatori fin dall’antichità. Queste discipline hanno smesso di occuparsi dell’uomo e del bene comune. A cosa è dovuta questa “eclissi” che sta trascinandoci nel baratro? Politica e cultura sono due dimensioni che richiedono un presupposto irrinunciabile: l’individuo fornito di pensiero critico e autonomo, incline alla conoscenza e disposto a impegnarsi per il bene comune, all’interno di un contesto in cui sia possibile il dialogo fra istanze diverse. Ecco, se pensiamo al contesto sociale generato da un trentennio di Internet, vediamo che il presupposto irrinunciabile, cui accennavo prima, sta sempre di più venendo meno. Politica, cultura, sono solo parole, scatole vuote che possono e devono essere riempite da un’umanità sana. Ma noi siamo nel frangente storico del postumano e transumano. Con la benedizione di tecnica e finanza, due realtà che non solo non ne hanno bisogno, ma che considerano politica e cultura come dei potenziali impedimenti sulla strada illuminata dalle stelle comete del profitto e del disimpegno.
Il rischio del nucleare e la responsabilità della scienza
Come ha recentemente denunciato il fisico Carlo Rovelli: «Siamo a 20 minuti di distanza dalla distruzione. Il bollettino degli scienziati atomici giudica che mai l’umanità è stata così vicina alla catastrofe nucleare». Possibile che non ce ne rendiamo conto? La tecnoscienza è in mano a pochissimi soggetti privati che ormai sono in grado di dettare l’agenda politica ai governi e quella esistenziale agli individui. È una questione di capovolgimento mezzi-fini, per riprendere una celebre categoria marxiana. L’umanità viene sempre più sottomessa e strumentalizzata per fini che non sono quelli del suo sviluppo e benessere, ma semmai del profitto dei pochi soggetti di cui sopra. Intendiamoci, è un fatto già visto e perfino ricorrente all’interno della logica capitalistica, però con una novità rilevante: il potere mediatico è oggi dominante, onnipresente, pervasivo e perfettamente in grado di colonizzare l’umano, sostituendolo con le sue dinamiche numeriche e impersonali. Non credo si sia mai visto nella Storia un tale disequilibrio di poteri, che contrappone pochissimi soggetti dominanti e una larga massa di persone ridotte ad automi omologati. In uno scenario del genere non genera alcuna sorpresa la possibilità di un’umanità che vada a schiantarsi senza neppure accorgersene. Le rivolgo la stessa domanda rivolta a Fulvio Conti: I frequentatori del web hanno chiesto: cosa fanno un GM, uno storico e un filosofo sul palco della Versiliana? Potrebbe sembrare l’incipit di una barzelletta, in effetti, se non fosse che ci troviamo di fronte a una questione terribilmente seria. Uno scenario umano, politico e sociale talmente compromesso da richiedere l’apporto di tutte le persone di buona volontà con le loro competenze, conoscenze ed energie profuse in vista di un bene superiore. Tutte queste persone hanno bisogno di una struttura aggregativa autorevole, quale può essere la Gran Loggia dopo l’estinzione o comunque la crisi di soggetti sociali quali la sezione di partito, il circolo culturale, la parrocchia. Che ciò avvenga nella vita offline o online, direi che cambia poco. La situazione è talmente critica da non porre alcun limite alle persone, ai luoghi e alle modalità tramite cui ricostruire un’umanità che sia fine e non strumento di ogni pensare e agire.
