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Gran Loggia d'Italia degli ALAM

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Massoneria di Rito Scozzese Antico e Accettato

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Paolo Maggi · 9 Ottobre 2025 - 16:12

L’alchimia, il Sacro… e altre riflessioni sul Futuro

Nell’editoriale “L’alchimia, il Sacro… e altre riflessioni sul Futuro”, che apre Officinæ n. 4, Paolo Maggi invita a guardare ai linguaggi dell’alchimia e del sacro come strumenti per comprendere il presente e orientare il futuro. Attraverso un percorso che intreccia simbolismo, spiritualità e cultura umanistica, l’autore richiama la necessità di un nuovo umanesimo fondato su pensiero critico, pathos e logos, valori che la Libera Muratoria continua a coltivare nelle sue Officine.

Tranquillizzo subito i lettori che, leggendo il titolo, forse si saranno stupiti: sì, avete capito bene, non si tratta di un errore. Questo numero, che tratta molto di alchimia in varie sfaccettature e ospita riflessioni sul sacro, ci invita a una analisi del presente e dei possibili scenari futuri della nostra società. Sembra una contraddizione che tali tematiche possano essere strumenti per interpretare l’attualità e immaginare il nostro avvenire, ma non è così. Quando parliamo di questi argomenti, parliamo di quell’universo complesso e poco esplorato, che è il linguaggio del nostro io più profondo, un linguaggio archetipo, antichissimo e potente che, se ignorato, come fa gran parte della cultura moderna (per non parlare di quella subcultura digital diventata il grande dittatore della società contemporanea) ci rende degli analfabeti incapaci di dialogare con noi stessi.

Così, l’aver rinunciato a dominare il nostro linguaggio sovrarazionale ci ha fatto diventare stranieri in casa nostra. Ci ha reso non solo incapaci di gestire la nostra emotività, ma ha impoverito lo stesso linguaggio razionale e ci ha fatto perdere quegli strumenti che sono da sempre indispensabili per una fisiologica vita sociale. Insomma, come dirà Ercolani nella sua intervista, abbiamo perso il Pathos, il Logos e il Demos: l’emotività, la logica e la vita sociale. Basta riflettere su questo per capire che il lavoro che si svolge ogni giorno nelle nostre Officine è proprio quello di coltivare Logos, Pathos e Demos utilizzando gli strumenti del linguaggio simbolico. Basta riflettere su questo per comprendere come il linguaggio dell’alchimia, del sacro e di tutta quella tradizione che ha voluto comunicare con l’immenso universo del pensiero emozionale, sono potentissimi strumenti per interpretare il presente e progettare il futuro.

La rubrica Primo Piano, curata da Massimiliano Cannata, apre questo numero. E in primo piano non può non esserci l’evento della Versiliana, organizzato dalla Gran Loggia d’Italia che, come negli anni precedenti, ha suscitato grande interesse e partecipazione. Il nostro Massimiliano Cannata intervista i tre protagonisti della tavola rotonda. Il Gran Maestro Luciano Romoli sottolinea da par suo come l’inquietante alleanza tra potere e tecnologia, abbia messo sotto scacco la dimensione spirituale dell’uomo, come anche i tradizionali valori su cui si reggeva l’economia, l’etica, la politica. C’è un solo antidoto: riproporre con convinzione il patrimonio valoriale di cui siamo portatori per comunicare e affermare un nuovo umanesimo che sappia guardare al futuro esercitando costantemente il pensiero critico, l’antidogmatismo, il rispetto delle fedi, delle religioni e delle idee diverse. Educare ogni individuo ad abitare la complessità.

Fulvio Conti ricorda i valori che costituiscono il patrimonio identitario della Massoneria: la laicità, la libertà di espressione, la tolleranza, la solidarietà. Valori totalmente sconosciuti o negletti in gran parte del mondo di oggi, soffocati da assolutismi di varia natura e posti in discussione anche nel nostro evoluto mondo occidentale. Conti, da storico, ricorda anche quegli scienziati e medici Massoni, come Gaetano Pini, Malachia De Cristoforis, Luigi Pagliani, che hanno concretamente operato nella società del loro tempo ispirati da questi valori.

Il filosofo Paolo Ercolani denuncia come oggi il potere mediatico sia dominante, pervasivo e perfettamente in grado di colonizzare la mente umana, trasformando le persone in automi omologati. Le masse agiscono mosse da algoritmi programmati in funzione di obiettivi economici. In questo scenario lo schianto finale è drammaticamente vicino. Ercolani, chiudendo un cerchio, ripropone quanto anticipato dal Gran Maestro: il rimedio è tornare a un nuovo umanesimo. Ed è chiara l’importanza in tutto ciò di un pensiero, come quello della Libera Muratoria, che tradizionalmente ha saputo tutelare, promuovere e valorizzare la cultura umanistica.

Apre la sezione degli articoli Lele Atico, che analizza le inquietanti analogie tra alchimia e transumanesimo: non c’è dubbio che quest’ultimo riproponga, in chiave tecnologica, il mito alchemico, riprogettando il corpo e la mente dell’uomo alla ricerca di una qualche forma di eternità. Ma bisogna fare attenzione: se l’alchimia ha la nobiltà del mito, il transumanesimo è un mitoide, e potrebbe rappresentare non l’ultima metamorfosi dell’antica sapienza esoterica, ma la sua definitiva negazione, a meno che questa nuova gnosi tecnologica non trovi l’intelligenza di integrarsi con i valori e le intuizioni che hanno guidato i cercatori di verità attraverso i secoli, preservando quella dignità dell’umano che rischia di dissolversi nel miraggio della perfezione artificiale.

È proprio vero, come dicono nel loro articolo a quattro mani Franca Pagni e Francesco Curone, che non abbiamo mai davvero smesso di essere alchimisti. Come ricordano gli Autori, il simbolismo dell’alchimia è sempre attuale perché trasformare il piombo in oro è un modo per parlare di noi, del perfezionamento del nostro io, dell’elevazione interiore. E se Lele Atico aveva analizzato le analogie tra alchimia e transumanesimo, Pagni e Curone si addentrano nei meandri dell’intelligenza artificiale, che eredita lo stesso desiderio dell’alchimia di riprodurre l’atto originario della creazione divina. Ma l’illusione di dominio, la perdita del controllo, la mancanza di saggezza morale sono sempre in agguato davanti a strumenti così potenti.

L’alchimia ci ha insegnato che la trasformazione vera non è mai solo esterna, è sempre anche consapevolezza di noi stessi. Il futuro dell’umanità – concludono gli Autori – non è in ciò che costruiremo, ma in ciò che sapremo comprendere di noi stessi nel costruire. E questo, aggiunge chi vi scrive, è il grande e modernissimo lascito dell’alchimia. Luna Sicolo prende spunto dal capolavoro di Umberto Eco, Il nome della Rosa, per parlarci della nigredo alchemica: la combustione, la distruzione della materia, il primo passo per far sì che essa possa rigenerarsi a un livello superiore. Brucia la grande biblioteca del convento.

Naturalmente si tratta di una distruzione simbolica. Di un rito. Ma è un rito necessario, perché la conoscenza senza trasformazione è solo sterile erudizione. La verità si svela solo a chi ha il coraggio di perderla. La Calabria è una terra di antica e solida tradizione iniziatica. Basterebbe parlare di Pitagora o di Gioacchino da Fiore per fare gol a porta vuota. Giulio Curcio Terremoto ha scelto invece di parlarci di due figure che meritano di essere conosciute: Luigi Lilio e Giano Lacinio, scienziato il primo, alchimista e filosofo il secondo. Entrambi hanno vissuto nel XVI secolo, un’epoca che ha rappresentato la cerniera di passaggio dall’era pregalileiana all’era della rivoluzione scientifica. Il lavoro dell’Autore ci interroga profondamente, fra le altre cose, sull’enorme e misconosciuto contributo che gli alchimisti hanno dato alla nascita della scienza moderna.

Un Cerimoniere analizza la figura di Ermete Trismegisto, centrale nella cultura iniziatica, attraverso il lavoro pionieristico del domenicano, André-Jean Festugière, filologo e storico delle religioni francese. Secondo Festugière i testi ermetici si muovono su due binari ben distinti: una corrente colta, neoplatonica, e una popolare ed eterogenea, legata ad astrologia, alchimia e pratiche magico-religiose. Per Festugière Ermete, il leggendario autore del Corpus Hermeticum, incarna la fusione tra Thot, dio della scrittura, e l’Hermes greco, mediatore tra umano e divino. Insomma una figura divina vicina a un sentire religioso più diffuso, meno di élite.

È giusto separare così rigidamente filosofia e religione? Il dibattito è aperto. Resta fondamentale ancora oggi la lezione di metodo: solo una rigorosa analisi filologica e storica può illuminare testi così complessi ed enigmatici, spesso colpevolmente lasciati alle arbitrarie e fantasiose interpretazioni di esoteristi d’accatto. Il simbolismo alchemico, lo abbiamo visto, traccia un percorso di trasformazione interiore, che inizia dalla presa di coscienza della propria imperfezione e dal desiderio di migliorarsi. Noi abbiamo un grande bisogno di simboli perché, nell’esplorazione di noi stessi non abbiamo punti di riferimento certi: non è un cammino che siamo in grado di verificare con i nostri occhi o percepire con qualsiasi altro dei nostri sensi. Secondo Jung uno dei principali schermi su cui l’uomo, fin dall’antichità, ha proiettato il suo io interiore, come se fosse un film, e lo ha potuto osservare, è la simbologia alchemica. La digestio alchemica, in analogia con la digestione biologica, simboleggia la trasformazione interiore e l’evoluzione verso uno stato più elevato di perfezione.

In un pezzo a quattro mani, chi vi scrive, insieme a Paolo Riccio, analizzano il linguaggio simbolico del corpo umano e come, secondo gli antichi alchimisti, esso rispecchi l’ordine dell’universo. La scienza moderna non ha mai smentito queste analogie. Anzi, l’avanzare delle conoscenze biomediche ha rafforzato la potenza simbolica del nostro corpo e dei suoi meccanismi fisiologici. Il passo dalla digestione al cibo, naturalmente, è breve.

Chi vi scrive, parlando nel suo articolo di cibo rituale, apre una serie di pezzi dedicati al sacro. Fin dalle epoche più remote, al centro dei riti sacri è sempre presente il cibo e il suo consumo. Il cibo delle feste è un cibo “altro”: esce dalla sua dimensione quotidiana e diventa simbolo. Il cibo viene condiviso tra gli uomini. Oppure viene donato agli dèi. Spesso il cibo è il dio stesso. E il pane sacro, simbolo per eccellenza del cibo, deve anche essere offerto ai morti, per ristabilire un contatto con loro, perché continuino ad appartenere alla comunità. Qui io ricordo un’antica tradizione pugliese ricca di simbologie: quella della “quarticella”, un pane che viene mangiato solo nel giorno dei morti. Un simbolo di morte e rinascita, ma anche di accoglienza e di condivisione, un auspicio di giustizia sociale e di pace.

Altro passo assai breve è quello dal cibo all’acqua. Silvana Pintore, in un viaggio che parte dalle acque profonde del fiume Sebeto che ancor oggi scorre nei sottosuoli di Napoli, passa per gli déi greci e Siddharta, per giungere fino alle ninfee di Monet, ci parla dell’identificazione dell’acqua con il divino ma, soprattutto, della sua simbologia rigenerativa, associata alla trasformazione interiore e alla ricerca di verità nascoste. L’acqua è presente in tutte le ritualità iniziatiche dalle antichità più remote fino a giungere alla Libera Muratoria.

Il Gran Maestro Onorario Antonio Binni affronta, nel suo articolo, una questione delicata: fra le regole più importanti e rigorose nelle comunità massoniche, vi è quella per cui, in Loggia, vi è il divieto di parlare di politica e religione. Certo, nel miglior stile libero muratorio vi è sempre uno spazio per discutere e interpretare anche quelle che sembrano le verità più evidenti. Il divieto, in realtà, è limitato unicamente alla contrapposizione partitica, da un lato, e, confessionale, dall’altro, perché il principio di tolleranza impone di non parteggiare per questo o quel partito, per questa o quella religione. Ma non possiamo dimenticare che il fenomeno religioso è un’espressione universale della mente e della cultura umana.

La religiosità in tutte le civiltà e in ogni epoca storica ha sempre accompagnato l’uomo nelle sue riflessioni più profonde sulla vita, l’amore, la malattia, la morte. Questo straordinario potenziale trascendentale ed etico rende il fenomeno religioso degno della massima attenzione da parte di chi, come i Liberi Muratori, sono attenti studiosi di tutto ciò che appartiene alla mente dell’uomo.

In una virtuale staffetta del pensiero, Anna Checcoli prosegue il ragionamento di Binni analizzando le differenze tra deismo e teismo: se il primo combatte il dogmatismo delle religioni positive e cerca, oltre le differenze fra le Chiese, un nucleo comune della religione divenendo, così, promotore di tolleranza religiosa, il secondo designa ogni dottrina che asserisce la divinità unica. E se il teismo rischia di generare il dogmatismo religioso, il deismo, che si sviluppa nel XVIII secolo sulla scia di un razionalismo ispirato al ragionamento logico socratico, rischia di allontanare il sacro, il mistero, la presenza del divino dalla vita degli uomini.

Rousseau tenta una sintesi tra i due concetti proponendo un teismo tollerante verso tutti gli altri credi religiosi. La Massoneria, casa di tutti, indipendentemente dalle loro idee convinzioni religiose, luogo di libero e rispettoso confronto di opinioni, in cui ragione e trascendenza convivono e collaborano reciprocamente, può rappresentare la migliore sintesi tra deismo e teismo.

Questo numero inaugura una nuova rubrica: L’Officina della Parola, affidata a Francesco Mercadante, docente di analisi del linguaggio. Ogni parola, nella tradizione iniziatica, è più che suono: è traccia di un’origine che, a volte, abbiamo dimenticato, gesto rituale, custodia di un senso nascosto. Con questa rubrica ci proponiamo di indagare, di volta in volta, i valori etimologici e simbolici dei termini centrali del lessico massonico.

Lo scopo è quello di riconquistarne la densità storica e la funzione ordinatrice, poiché nominare è sempre anche fondare. La parola del cui significato più profondo oggi ci riappropriamo è “Tempio”. Non un edificio, all’inizio, ma ascesa verso l’alto, tensione verso il divino. Il suo significato non lascia adito a dubbi: il tempio è Temno, è il separato, è il completamente diverso, è l’“altro” e l’“oltre”, a cui il pensiero sacro si protende. Il Libero Muratore è contemporaneamente nel sacro e nella storia, nell’universo dell’emozione e in quello della ragione, perché la mente a 360 gradi sa dominare entrambi questi universi.

Silvana Bartoli ci tratteggia la vita di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, donna che la maggior parte di noi conosce come la musa del Risorgimento italiano, ma che ha anche dedicato tutta la sua vita a un percorso di ricerca interiore. Di idee autenticamente liberali, e vicina agli ambienti massonici e iniziatici dell’epoca, a lei si adatta in pieno, come suggerisce l’Autrice, il motto palindromo inciso sulla Porta Alchemica di Roma: Si sedes non is. La Massoneria, ci ricorda Valerio Perna, non è una “associazione”, ma un corpo di conoscenze che fanno capo a quel complesso e affascinante universo che è la tradizione iniziatica.

Le funzioni associative sono affidate poi alle diverse Obbedienze che hanno il compito di assistere e tutelare, nella quotidianità, il percorso iniziatico e la ricerca culturale e spirituale dei loro appartenenti. E le Obbedienze non sono tutte uguali, anche se quella pubblicistica di pessima qualità che cerca avidamente notizie scandalistiche da dare in pasto all’opinione pubblica, non ama troppo fare sottili distizioni, e parla genericamente di Massoneria, distribuendo rsponsabilità che appartengono a singoli individui e singole associazioni, su tutti coloro che perseguono un’Idea.

Perna ci ricorda con legittimo orgoglio le origini della nostra Obbedienza, la Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi e Accettati Muratori, la cui nascita fu originata da un atto di libertà di coscienza nel 1908. E se il mito di fondazione della nostra Obbedienza è stato il rifiuto di un diktat ideologico intriso di un anticlericalismo che era già all’epoca anacronistico, essa ha sempre nutrito, nel corso della sua storia, un cultura del dialogo e della tolleranza verso ogni altro sistema di pensiero, sia laico che religioso.

Augusto Rossi conclude in questo numero una triade di articoli che parla della difficile arte di divulgare. L’ultimo lavoro di questa serie ci parla delle differenze tra il divulgatore e l’insegnante: molto più complesso è il lavoro del primo, che si rivolge a una platea ampia, variegata e sconosciuta, rispetto al secondo il cui uditorio è selezionato e che può permettersi anche di essere impopolare. Ma una cosa deve sempre accomunare entrambe le figure: l’onestà intellettuale.

Abbiamo scelto di recensire due libri di Fulvio Conti, indispensabili per chi vuole conoscere meglio la storia della Massoneria e quella del nostro Paese: il primo è Massoneria e Fascismo, un testo che chiarisce con grande rigore storico e con un taglio scientifico i rapporti tra queste due entità così diverse e antitetiche: se è vero che, in una fase iniziale in cui il fascismo era una ideologia ancora magmatica, molti Massoni ne furono attratti (ma non è stato forse lo stesso errore compiuto da sinceri antifascisti come Benedetto Croce, Luigi Sturzo, Arturo Toscanini, Luigi Pirandello, Domizio Torrigiani e molti altri?), è anche vero che la Massoneria italiana fu la prima, nel 1925, a essere vittima delle fascistissime leggi che segnarono la svolta dittatoriale di quel regime. Il secondo, Andare per i luoghi della Massoneria, è un testo di assai gradevole lettura che non solo ci parla di quei luoghi in cui si è fatta la storia della Libera Muratoria italiana e, qualche volta, anche della nostra nazione, ma anche di italiani famosi, come Giorgio Amendola, Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano, Francesco Cossiga, Italo Calvino, Eugenio Scalfari, che ci hanno parlato dei loro familiari, dichiaratamente e sinceramente Massoni.

Paolo Maggi

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Pubblicato in: Editoriale, In evidenza
Tags: alchimia, nuovo umanesimo, Sacro

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Copertina Officinæ n. 4 – Ottobre 2025
Officinæ n. 4 – Ottobre 2025

Un viaggio tra alchimia, sacro e pensiero critico: il nuovo numero di Officinæ invita a guardare al futuro con occhi antichi e mente aperta. Dalle riflessioni sul rapporto tra scienza e spiritualità al dibattito alla Versiliana con il Gran Maestro Luciano Romoli, un percorso che unisce tradizione e modernità.

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